LAVORATORI IN SMART WORKING E VERIFICA DELLA RESIDENZA FISCALE

 

Profili fiscali dei lavoratori in smart working

 

Con la circolare n. 25/E del 18 agosto 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti e istruzioni applicative sui profili fiscali del lavoro da remoto (smart working), con particolare attenzione al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa ai fini dell’applicazione dell’Irpef.

 

Il lavoro agile o smart working, inteso come modalità di svolgimento del lavoro, ha assunto rilevanza fondamentale. Ciò comporta per i datori di lavoro la necessità di conoscere le regole relative ai profili fiscali applicabili al reddito da lavoro dipendente prodotto, anche con riguardo all’applicazione dei regimi agevolativi per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia per svolgervi un’attività lavorativa, disciplinati dall’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 (riguardante i lavoratori impatriati) e dall’art. 44 del D.L. 78/2010 (rivolto a docenti e ricercatori).

 

La residenza fiscale

Si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (ossia 183 giorni in un anno, 184 giorni in caso di anno bisestile) si trovano, alternativamente, in una delle seguenti situazioni:

- sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;

- hanno nel territorio dello Stato italiano il proprio domicilio;

- hanno nel territorio dello Stato italiano la propria residenza.

Per quanto riguarda il rispetto del requisito della residenza e del domicilio, l’Agenzia delle Entrate precisa che:

- l’accertamento dei presupposti per stabilirli, diversi dal dato formale dell’iscrizione anagrafica, presuppone un riscontro su fatti e situazioni da eseguirsi caso per caso, al fine di una concreta ponderazione degli elementi che consentono di verificare il luogo di domicilio o di residenza come definiti in base alla normativa civilistica;

- per domicilio, ai sensi dell’art. 43 c.c. si intende il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi e fa coincidere la dimora abituale con il luogo di residenza;

- per configurare la residenza e la dimora abituale non è necessaria la continuità o definitività della dimora abituale, con la conseguenza che periodi anche prolungati di assenza non ne escludono il radicamento in Italia: il requisito permane anche se il soggetto lavora o svolge altre attività al di fuori del comune di residenza (del territorio dello Stato), purché conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali;

- in merito al domicilio, occorre tenere conto anche dei rapporti di natura non patrimoniale, come quelli personali e affettivi, per considerare localizzato in Italia il centro degli affari e degli interessi;

- la residenza non viene meno per assenze più o meno prolungate, dovute alle particolari esigenze della vita moderna, quali ragioni di studio, di lavoro, di cura o di svago.

 

Luogo di svolgimento del lavoro agile

Per quanto riguarda il concetto di residenza fiscale per i lavoratori in smart working, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che nonostante le significative revisioni organizzative che hanno coinvolto imprese, professionisti e comparto pubblico, non sono state apportate alla normativa interna modifiche che abbiano inciso sulle regole di determinazione della residenza a fini fiscali.

Di conseguenza, i criteri per la definizione della residenza fiscale delle persone fisiche rimangono quelle ordinarie, senza alcuna distinzione che il lavoro sia svolto in presenza o da remoto con la conseguenza che le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa non incidono sui criteri di determinazione della residenza fiscale.

Per chiarire gli scenari e gli impatti fiscali, l’Agenzia delle Entrate fornisce alcuni esempi:

1) Cittadino straniero, non iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, che lavora dall’Italia in smart working per un datore di lavoro estero, permanendo per la maggior parte dell’anno solare presso un’abitazione ubicata nel nostro Stato unitamente al coniuge e ai figli:

Ü Sebbene non risulti soddisfatto il requisito formale di iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente, non si può non considerare che per la maggior parte del periodo d’imposta il cittadino estero mantiene stabilmente nel territorio dello Stato la sede principale dei suoi rapporti personali e affettivi (familiari) e la sua dimora abituale. Il soggetto sarà considerato come fiscalmente residente in Italia.

2) Cittadino italiano che si è trasferita all’estero, dove svolge un’attività lavorativa in smart working, e ha mantenuto l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta:

Ü Anche qualora avesse trasferito all’estero il suo domicilio e la sua dimora abituale, continuerà a qualificarsi come residente in Italia in ragione del requisito anagrafico, a meno che non sia presente una convenzione contro la doppia imposizione che prevede diversamente, saranno soggetti a tassazione tutti i suoi redditi nello Stato italiano.

3) Cittadino italiano iscritto all’AIRE per la maggior parte del periodo di imposta, che abbia sottoscritto un contratto di lavoro con un datore estero nel quale sia indicata come sede ordinaria di lavoro il Paese risultante dall’iscrizione all’AIRE:

Ü A meno che non sia presente una convenzione contro la doppia imposizione che prevede diversamente potrà considerarsi fiscalmente residente in Italia qualora vi mantenga la dimora abituale, dalla quale svolga la prestazione lavorativa con modalità agile.

4) Cittadino italiano iscritta all’AIRE a fronte di un’attività di lavoro svolta in smart working dall’Italia alle dipendenze di una società estera:

Ü Salvo il disposto della normativa convenzionale qualora applicabile, il reddito sarà imponibile in Italia.

5) Soggetto non residente in Italia (in quanto non integra alcuno dei presupposti di cui all’art. 2 TUIR) che dal suo Paese di residenza rende le prestazioni per un datore di lavoro italiano:

Ü Il lavoratore continua a mantenere la residenza all’estero a prescindere dalla sede in Italia del datore di lavoro.

 

Docenti e ricercatori i smart working

Con riferimento al regime riservato ai docenti e ai ricercatori, invece, l’Agenzia evidenzia come, a differenza di quello previsto per gli impatriati (rispetto al quale non assume rilevanza il soggetto datoriale che fruisce delle prestazioni del lavoratore agevolato) «un docente o un ricercatore trasferitosi in Italia che intrattenga un rapporto di lavoro con un Ente o con una Università situata in uno Stato estero, per cui svolge la propria attività di docenza o ricerca in modalità smart working non potrà beneficiare dell’agevolazione in commento per i relativi redditi in quanto non sussiste un collegamento tra il trasferimento in Italia e lo svolgimento di una attività di docenza e/o ricerca nel territorio dello Stato».

 

Convenzione contro le doppie imposizioni

La normativa interna deve essere coordinata con le disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i singoli Stati esteri, la cui prevalenza sul diritto interno è pacificamente riconosciuta. Con riferimento alla residenza fiscale, viene in rilievo l’art. 4, Modello di Convenzione Ocse contro le doppie imposizioni che stabilisce che l’espressione “residente in uno stato contraente” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata a imposta a motivo del suo domicilio, residenza, sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate a imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato.

Il lavoro agile viene connotato da una parziale o totale recisione dei vincoli di presenza fisica del prestatore nel territorio di un determinato Stato per lo svolgimento dell’attività, con la conseguenza che è necessario chiarire alcuni aspetti di coordinamento con le convenzioni stipulate dall’Italia che vanno a ripartire la potestà impositiva in relazione a determinati redditi, con particolare riferimento all’art. 15 del Modello OCSE sui redditi di lavoro dipendente. In particolare, l’art. 15 del Modello OCSE stabilisce il principio generale della tassazione esclusiva dei redditi da lavoro subordinato nello Stato di residenza del contribuente, a meno che tale attività lavorativa non venga svolta nell’altro Stato contraente; in tale ultima ipotesi i predetti redditi devono essere assoggettati ad imposizione concorrente in entrambi i Paesi.

Viene pertanto stabilito una sorte di gerarchia nella tassazione:

- tassazione esclusiva dei redditi di lavoro dipendente nello Stato di residenza quando l’attività è ivi svolta;

- marginalmente, nel caso in cui lo Stato di residenza e quello della fonte (ossia lo Stato in cui è stata svolta l’attività lavorativa che ha prodotto il reddito) non coincidano, si applica un regime di imposizione concorrente.

Tuttavia, il 2° paragrafo dell’art. 15 del Modello OCSE ripristina la tassazione esclusiva nello Stato di residenza anche quando l’attività lavorativa è svolta nello Stato della fonte, ove ricorrano congiuntamente tre condizioni:

- il beneficiario dei redditi di lavoro dipendente soggiorna nello Stato della fonte per periodi che non oltrepassano in totale i 183 giorni nell’anno fiscale considerato;

- le remunerazioni sono pagate da o a nome di un datore di lavoro che non è residente nello Stato della fonte;

- l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato della fonte.

Conseguentemente, un soggetto non residente che svolge la sua attività di lavoro dipendente in Italia è assoggettato a imposizione nel nostro Paese in relazione ai redditi imputabili all’attività prestata nel territorio dello Stato, senza che tale situazione sia inficiata dalle modalità di svolgimento della prestazione. Pertanto, qualora l’attività lavorativa venga svolta da remoto per un datore di lavoro estero, si considera comunque prestata in Italia, con conseguente riconoscimento della potestà impositiva italiana con la conseguenza che il lavoro dipendente si considera svolto nel luogo in cui il lavoratore è fisicamente presente quando svolge la prestazione per cui è remunerato, indipendentemente dalla circostanza che la manifestazione di tale lavoro abbia effetti nell’altro Stato contraente.

 

 

08/09/2023

 

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