Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino
Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000
Anno 2009 - Aprile
COMMENTO
Il mese di marzo ha riservato alle borse la piacevole sorpresa di un corposo rally, nato sui minimi del 6 marzo ed alimentatosi grazie a qualche spiraglio di positività proveniente dall’economia reale ma soprattutto per merito del Piano Geithner per salvare le banche.
Sul fronte dell’economia si è
assistito ad una crescita dell’attvità di costruzione e vendita di case nuove,
per la prima volta da parecchi mesi ed al rimbalzo delle vendite di beni
durevoli, anche qui una novità da parecchi mesi. Troppo poco per vedere
concretamente una inversione nel ciclo economico. Una rondine non fa certo primavera,
anche perché comunque i prezzi delle case continuano a scendere. Ce n’è però
abbastanza per spingere i ribassisti a chiudere molte posizioni ed i cacciatori
di monnezza a farsi un po’ più attivi.
Il vero protagonista del rally è stato il Piano salvabanche presentato dal segretario al Tesoro Geithner, che in pochi giorni ha fatto raddoppiare la quotazione di molte banche, trascinando i listini al recupero.
La grande stampa lo ha presentato come il toccasana in grado di ripulire i bilanci delle banche dai titoli tossici e mettere la parola fine all’incertezza che da molti mesi alimenta i timori di fallimenti e produce continui avvitamenti nelle borse.
Siccome la stampa è stata prodiga di complimenti all’amministrazione Obama, bollando i critici come le eterne Cassandre, ma assai meno a spiegare il funzionamento del Piano, è bene illustrarlo nel modopiù semplice possibile. Una caratteristica del Piano è infatti quella di essere stato congegnato in poco trasparente e presentato come un’opera di Re Mida, in grado di trasformare i titoli tossici in strumenti di valore, salvare i bilanci delle banche e far guadagnare tutti, compresi i contribuenti americani.
L’obiettivo del Piano assomiglia molto a quello del tanto e giustamente bistrattato Piano Paulsson del novembre scorso: si vogliono comprare i titoli tossici dalle banche per consentire ai loro bilanci di svincolarsi dalle valutazioni false e dal rischio di future svalutazioni su molte centinaia di miliardi di assets incautamente acquistati negli scorsi anni, quando è stata creata dalla banche d’affari USA la gigantesca bolla della finanza creativa.
Che cosa siano i titoli tossici dovrebbe essere già chiaro. Si tratta di quei titoli obbligazionari creati con a garanzia mutui o altri collaterali a rischio di insolvenza. Il meccanismo di creazione di questi prodotti è tale per cui se le insolvenze sui collaterali sono minime, possono rappresentare uno strumento di distribuzione del rischio dalla banca che ha piazzato i mutui all’intero mercato, e in questo modo costituiscono un lubrificante in grado di stimolare la concessione di finanziamenti all’economia.
Proprio per questo motivo hanno avuto enorme successo. Le banche commerciali erogavano mutui a tutto spiano, vendevano questi mutui a società finanziarie e banche d’affari che confezionavano obbligazioni dai nomi esotici (ABS, CMBS, RMBS, CDO) aventi come sottostante proprio pacchetti di questi mutui. Cedole e capitale venivano garantiti dal flusso di pagamento delle rate di questi mutui. Questi prodotti sono stati venduti a banche, fondi Hedge, Fondi Comuni, ed in parte anche Fondi Pensione, i cosiddetti investitori istituzionali. Non potevano in genere essere venduti ai singoli risparmiatori perché ritenuti non in grado di valutarli adeguatamente. Gli investitori istituzionale invece sì. Infatti nel 1999 Alan Greenspan dichiarò pubblicamente: “I Derivati rappresentano sempre più un importante veicolo per diversificare i rischi e per allocarli agli investitori più capaci di gestirli” .
Con lo scoppio della bolla, avvenuto nel 2007, nell’assoluta incapacità delle autorità monetarie di prevederne le dimensioni e gli effetti, abbiamo visto quanto questi investitori istituzionali siano stati capaci di gestire tali rischi.
Il blocco totale del mercato conseguente all’esplosione delle insolvenze sui mutui ha prodotto l’effetto che questi assets, copiosamente presenti nei bilanci e fuori bilancio (attraverso apposite società veicolo che non vengono consolidate nei bilanci), hanno drasticamente perso valore e potrebbero essere oggi scambiati solo a prezzi di mercato intorno al 20% del nominale. Evidentemente a queste condizioni le banche non li vendono. Pertanto il mercato di questi prodotti è bloccato. Inoltre se le banche iscrivessero in bilancio queste attività a questi valori, dovrebbero accantonare enormi somme per coprire le minusvalenze e molte sarebbero tecnicamente fallite.
Per fronteggiare la fase a cuta della crisi è stato concesso alle banche di valutare questi asset in via transitoria non col classico modello detto “mark to market”, cioè a valori espressi dal mercato, ma con modelli alternativi di valutazione, che ovviamente permettono di stimare questi assets molto di più di quanto il mercato sarebbe disposto a spendere per comprarli. Ciò ha consentito di spostare in avanti la resa dei conti. Ma è evidente che non si può continuare per molto a legalizzare il falso in bilancio.
L’idea, che era già di Paulsson, è quella di comprare questi assets a prezzi che permettano alle banche di stare in piedi. Paulsson voleva farlo direttamente con i soldi pubblici, mettendo le minusvalenze a carico del bilancio pubblico. Venne subissato di critiche. I contribuenti USA non accettano di pagare per salvare le banche.
Geithner ha introdotto una variante: facciamoli comprare ad una apposito super-fondo misto, a cui partecipi sia lo Stato che il mondo del risparmio privato (società di private-equity, fondi hedge, istituzionali). A questo fondo è stato dato il nome Pubilc-Private Partnership Investment Program. Inoltre facciamo in modo di poter affermare che l’acquisto non viene fatto con soldi pubblici, così i contribuenti non si arrabbiano.
Primo problema: come convincere questi privati a pagare i titoli tossici molto più di quel che loro stessi oggi sono disposti a spendere sul mercato?
Ecco il sofisticato meccanismo, che cerco di semplificare al massimo.
Se questo fondo dovrà avere un capitale di 500 miliardi di dollari (ma potrà estendersi fino a 1.000), 1/14 di tale somma verrà messa dal Tesoro ed un 1/14 dai privati (totale 1/7). I restanti 6/7 verranno attinti con un finanziamento della FDIC, che è un organismo statale di garanzia dei depositi.
Si tratta quindi di soldi pubblici. Si può però affermare che i soldi del contribuente non vanno a finanziare le banche ma questo superfondo pubblico-privato.
Piccolo particolare di grande importanza: il prestito è “non recourse”, cioè subordinato. Questo significa che se gli assets acquistati andranno a buon fine esso sarà restituito, mentre per tutti i titoli tossici che non vengono rimborsati, il super-fondo non restituirà il finanziamento e consegnerà i titoli tossici alla FDIC.
Qui sta l’appeal del superfondo per i privati. Sugli assets che andranno a buon fine ci sarà un guadagno che sarà spartito tra Tesoro e privati. Gli assets che andranno in default saranno rifilati alla FDIC.
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