GREEN PASS IN AZIENDA

 

Le posizioni di sindacati e datori di lavoro

 

Si continua a discutere sull’eventualità di richiedere il certificato verde anche per l’accesso in azienda. Con l’incontro dei giorni scorsi tra Governo e parti sociali è emerso che può essere adottato, ma non deve diventare un’occasione di scontro tra azienda e lavoratori.

 

Il sindacato è favorevole all’adozione del green pass, anche in azienda. L’apertura a quelle che sono state le proposte di Confindustria è un passo importante sulla strada dell’adozione, ma il segretario della CGIL ha posto immediatamente un veto oltre il quale non si accetteranno deroghe.

 

Le nuove misure emergenziali

Il D.L. 105/2021 (in G.U. n. 175, in vigore dal 23 luglio 2021) ha introdotto l’obbligatorietà del green pass da venerdì 6 agosto per l’accesso a determinati servizi e attività e partecipare ad attività reputate a rischio Covid (sedersi ai tavoli di bar e ristoranti al chiuso, entrare in cinema, teatri, palestre, piscine, centri termali, eventi sportivi, spettacoli anche all’aperto, fiere e congressi). Tuttavia tale requisito vale per i fruitori-clienti ma non per chi è impiegato in tali attività. Quindi, per esempio, chi vuole pranzare in un ristorante al chiuso dovrà esibire il certificato, mentre il personale impiegato nel locale vi potrà lavorare senza green pass. Però, se un dipendente del ristorante, fuori dall’orario di lavoro, vi volesse pranzare con famiglia o amici, in quanto cliente dovrebbe presentarsi con il certificato.

Vi sono poi dubbi di applicazione della norma per quanto riguarda, ad esempio, le mense nei luoghi di lavoro. Il decreto legge impone il green pass per i servizi di ristorazione, in cui rientra anche quella collettiva. Si pone il dubbio se il dipendente che si reca alla mensa aziendale interna sia esonerato o meno dal green pass e cosa succeda nel caso in cui la mensa sia aperta a lavoratori di altre imprese.

 

Aziende e datori di lavoro

In tutte le aziende il tema vaccinazione, e quindi salute e sicurezza, è in cima all’agenda dei responsabili delle risorse umane, soprattutto adesso che si valuta l’ipotesi del lavoro in presenza per settembre. A questo riguardo sono già emersi contenziosi tra datori di lavoro e aziende; le prime decisioni prese da alcuni tribunali sottolineano la responsabilità del datore di lavoro di tutelare salute e sicurezza di tutti i dipendenti e delle persone che accedono ai locali aziendali e quindi la legittimità di provvedimenti (anche precedenti all’obbligo vaccinale) di messa in ferie forzate o di sospensione senza retribuzione per i dipendenti che non si vaccinano.

Si veda anche: Al lavoratore che non si vaccina sospensione e stop alla retribuzione

Alcune azienda, tra cui la Barberinòs di Torino, hanno deciso di dare un premio in busta paga ai dipendenti che completeranno il ciclo vaccinale, una sorta di "cashback vaccinale". L’iniziativa vuole incentivare la vaccinazione del personale senza obblighi né forzature e prevede un premio di 100 euro netti in busta paga, oltre che un giorno di vacanza. I risultati sono già notevoli: dopo un mese dal lancio dell’iniziativa, su 45 persone che lavorano - dove il team ha una media di 26 anni - 42 hanno già iniziato il processo vaccinale coerentemente con la loro fascia d’età. Con una percentuale di adesioni pari al 93%!

 

I sindacati

La Cgil apre all’utilizzo del green pass in azienda. “Non abbiamo contrarietà di principio” dice il segretario, “ma non è possibile pensare a licenziamenti o demansionamenti perché un dipendente sceglie di non vaccinarsi”.

Il segretario generale ricorda che il sindacato ha scioperato “per avere i protocolli di sicurezza in azienda” e ribadisce di essere “a favore del fatto che le persone si vaccinino”. “Come sindacato stiamo raccomandando ai lavoratori di farlo. Siamo per garantire i migliori standard di sicurezza nelle imprese. Ma c’è un discrimine: lo stop allo stipendio per noi è inaccettabile. Non se ne parla neanche. Né di questo, né di demansionamenti. Ci sono già esperienze in diverse aziende che utilizzano lo smart working per certi dipendenti o fanno un uso molto diffuso dei tamponi. In ogni caso un provvedimento obbligatorio ha bisogno di una legge. La responsabilità è del governo e non può scaricata su accordo fra le parti sociali. Se il governo matura questo orientamento e saremo consultati, siamo pronti ad esprimere il nostro punto di vista e a dare il nostro contributo”.

 

Sorveglianza sanitaria e smart working

Prosegue fino al 31 dicembre l’obbligo, per i datori di lavoro pubblici e privati, di effettuare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei dipendenti maggiormente esposti al rischio di contagio da coronavirus «in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità».

È stata infatti prorogata la validità dell’art. 83 del D.L. 34/2020, che dispone a questo scopo la possibilità di utilizzare i medici del lavoro Inail da parte delle aziende che non sono tenute, per legge, ad avere un medico competente. Le imprese possono comunque nominare temporaneamente un medico competente per svolgere questa attività, opzione che era già prevista anche nei mesi scorsi prima di quest’ultima estensione dell’obbligo.

Sempre nei confronti dei soggetti più a rischio è stata prorogata, ma solo per quattro mesi, un’altra forma di tutela, quella prevista dall’articolo 26, comma 2-bis, del Dl 18/2020. Fino al 31 ottobre, i dipendenti dei settori pubblico e privato, con certificazione dello stato di rischio derivante da immunodepressione o da patologie oncologiche o relative terapia salvavita, nonché i disabili gravi, continueranno a svolgere l’attività in smart working, potendo essere eventualmente adibiti a mansioni differenti, purché nella medesima categoria o area di inquadramento oppure svolgendo attività di formazione professionale. A copertura degli oneri derivanti da questa forma di tutela nel settore scolastico (sostituzione del personale), sono stati stanziati 16,95 milioni di euro.

Non è stata prorogata, invece, la possibilità (prevista dal comma 2 dello stesso articolo) di assentarsi dal lavoro, equiparando tale periodo al ricovero ospedaliero, qualora non sia possibile lo smart working. Quest’ultima forma di tutela è dunque scaduta il 30 giugno.

In via generale, per quanto riguarda il lavoro agile nel settore privato, le modalità semplificate di comunicazione al dipendente e al ministero del Lavoro erano già state prorogate al 31 dicembre dall’articolo 11 del decreto legge 52/2020. A tal proposito, il ministero del Lavoro, di recente ha ribadito che tale adempimento nei suoi confronti va espletato esclusivamente utilizzando la procedura disponibile sul sito internet e che l’invio di posta elettronica certificata non è idoneo.

 

 

03/08/2021

 

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